mercoledì 28 settembre 2016

Il motivo dell'odio

Visto che qualcuno si chiede cosa ho imparato, ho deciso di mettere nero su bianco quello che mi spinge ad evitare come la peste il gruppo mamme della classe di mia figlia.
Dopo la fine della scuola dell'infanzia e un'esperienza molto negativa con le mamme e l'insegnante di mia figlia, valuto che o mi metto in prima linea, cercando di migliorare la mia immagine o non avrei mai saputo nulla di cosa sarebbe accaduto alle elementari, per cui decido di candidarmi come rappresentante di classe, ovviamente fui l'unica e venni eletta. Per due anni ho dato il meglio di me, cercando di capire cosa non andasse e cercando di risolvere ogni minimo problema mi si ponesse di fronte. Organizzando la festa di Natale, anche se odio profondamente il Natale e tutta l'ipocrisia che lo circonda, ma era il mio compito e lo feci. Andando a chiedere cose che io non condividevo, ma che come rappresentante mi veniva richiesto da una parte delle mamme. Mi rendevo conto che non ero quella che loro volevano, ma speravo capissero che la mia "diversità" non fosse una cosa negativa, solo eccentricità. 
Inizia la terza elementare e un giorno succede che mia figlia graffia un compagno di classe, la mamma di questo mi bombarda di messaggi, dicendomi di chiedere a mia figlia cosa avesse fatto il figlio di questa per meritarsi un graffio, ma, tanto per cominciare mia figlia era in palestra, poi era contro l'insegnamento che voglio dare a Giada: prendersi le sue responsabilità. Non mi interessava sapere cosa avesse fatto quel bambino, mi interessava solo fare capire a mia figlia che qualunque cosa avesse fatto, sicuramente la reazione corretta non era quella di alzare le mani. Per cui mi rifiutai di parlargliene in quel senso, ma le garantii che avrei preso provvedimenti. Di fronte alla sua insistenza chiamai la maestra e le chiesi di spostare di banco i bambini, lei mi disse: "mi dispiace, pensavamo potessero andare d'accordo". Finii la telefonata e mandai una messaggio alla signora dicendole che avevo chiesto che venissero spostati e che la maestra mi aveva chiesto scusa per quello che era accaduto, il tempo di mandare il messaggio e mi resi conti di essermi spiegata male, chiamai subito per spiegare esattamente cosa ci eravamo dette io e l'insegnante. La signora mamma il giorno dopo stampò la conversazione per chiedere all'insegnante se era vero quello che avevo scritto, ovviamente tralasciando che io l'avevo chiamata per chiarirmi. L'insegnante mi convocò e io spiegai l'accaduto, lei capì. Io scrissi nel gruppo mamme che non reputavo corretto stampare conversazioni private, senza fare nomi, ma queste se la presero con me dicendo che dovevo dire di chi stessi parlando, come se quello fosse la cosa importante, non il fatto che fosse stata violata una legge, ma che si dicesse chi l'aveva fatto. Quando questa confessò di essere lei la colpevole si schierarono tutte dalla sua parte.
Dal giorno dopo niente fu lo stesso, sentivo astio nei miei confronti, quando arrivavo si smorzavano i sorrisi, ma nessuno mai disse nulla. Fino al 25 ottobre 2015, quando venne il momento dell'elezione del rappresentante di classe. Andò tutto bene, fino a quando le maestre uscirono per lasciare che la discussione e l'elezione avvenissero senza interventi da parte loro. Io uscii ad avvisare mia madre che tempo 1/2 ora avremmo finito, visto che sarebbe dovuta andare a prendere Giada in palestra e rientrai. La mamma che aveva accettato il compito di scrutatrice stava prendendo la disponibilità per fare la rappresentante, io entrai raggiunsi il mio posto e mi feci volontaria, calò il silenzio. Prese la parola la mamma del bambino sfregiato e cominciò ad attaccarmi, dandomi della pettegola, di una in grado solo di parlare, ma dai pochi fatti. Disse che avevo portato dentro scuola solo bugie e altrettanto avevo fatto con loro, che anche le maestre dicevano che ero una bugiarda, chiesi allora di far rientrare le insegnanti, dato che era la sua parola contro la mia e che se avessero voluto sapere la verità, l'unica era chiedere a loro. L'avessi mai fatto. Si misero a urlare di piantarla che ero solo una stronza e una mamma mi colpì in maniera particolare. Era una di quelle che ogni giorno mi salutava con un sorriso smagliate, sempre carina e gentile. Era seduta dietro di me, scattò in piedi urlando: "Ma non hai ancora capito che stai sul cazzo a tutte?". Un'altra mamma mi disse che lei mi guardava ogni mattina e che ogni mattina entravo a scuola per 10/15 minuti, che lei stava fuori apposta a guardare, mi cronometrava e mi chiese: "ma di cosa parli con le maestre?", in verità io ogni mattina accompagnavo una bimba che aveva bisogno di aiuto per spogliarsi e io entravo per quello, ma non potevo dire nulla, perché appena cercavo di parlare mi urlavano di piantarla, di smetterla di mentire, di finirla con il girare la frittata. Io lì non capii più niente, vedevo solo donne urlanti, non riuscivo a rispondere ero basita. Chi cercava di mettere calma veniva zittito in malo modo, chi cercava di difendermi riceveva lo stesso mio trattamento. Sta di fatto che niente, nessun altro voleva fare la rappresentante per cui chiamarono la maestra, dicendole che piuttosto che avere me sarebbero state senza, ma la cosa era infattibile e se fossi stata l'unica candidata, se anche mi fossi votata da sola, la rappresentante sarei stata io. Al che la maestra andò via e il panico prese il sopravvento. Alla fine una mamma disse che se proprio proprio, pur di non avere me, l'avrebbe fatto lei (quella del cronometro), da lì frasi epiche: "Se lo fai ti pago", "Sì, ti prego, ti terrò i bambini tutte le volte che ne avrai bisogno" e lei prese la parola dicendomi che lei non avrebbe mai fatto tutto quello che avevo fatto io, che il mio compito lo avevo svolto con un impegno che lei non avrebbe mai messo e mi ringraziò per quei due anni di lavoro. Non sapevo se ridere o se piangere. La mamma del povero bimbo ferito poi disse la frase finale di quei 25 minuti di insulti: "Sta sera tutte a casa mia che apro la bottiglia di prosecco, finalmente ce la siamo tolta dai coglioni!" 
Me ne andai senza nemmeno votare, volevo solo andare a casa a piangere. Parlai poi con le insegnanti e negarono di aver mai detto che avessi mentito su qualcosa.
Dal giorno dopo mamme che fino al giorno prima non avevano il telefono, chiesero di essere inserite nel gruppo whatsapp e tempo due mesi mi sentii dire che se volevo scrivere qualcosa dovevo anticipare il messaggio alla rappresentante, che avrebbe corretto la forma e autorizzato l'invio, uscii dal gruppo. 
Ho provato a calmarmi, ma non riesco, anzi, lo ammetto non riesco nemmeno più a salutarle, anche se ormai è quasi un anno, anche se ogni giorno le incrocio e loro mi salutano con quel loro sorriso ipocrita.

martedì 27 settembre 2016

Forse questa volta ho imparato!

Questa mattina mentre uscivo da scuola di Giada mi ha fermato un'insegnante e senza tanti preamboli mi ha chiesto se potevo essere una dei volontari per fare il piedibus. La informo che vivendo lontano arrivo ogni giorno in macchina, ma pensandoci bene, visto che si trattava di una volta alla settimana, avrei potuto parcheggiare in centro paese e fare lo stesso la cosa, tanto quattro passi a piedi non hanno mai ucciso nessuno. Verifichiamo il percorso e no, in effetti sarebbe stato un po' un problema, sotto molti aspetti. Rimaniamo in accordo che provo a sentire altre mamme e a vedere se possibile mantenere un servizio gratuito, sicuramente utile alle famiglie. Ho cominciato a pensare di chiedere a questa a quello, magari informo la rappresentante, magari chiamo... MAGARI UN CAZZO! E questa volta per fortuna ci sono arrivata da sola! Dopo tutto quello che mi hanno detto lo scorso anno, io sto ancora a pensare di fare qualcosa di utile? Penso ancora di aiutare? Chiamare? Informare? Ma allora sono proprio stupida! Ho passato due anni a correre a destra e sinistra a mediare da una parte e giustificare dall'altra e per tutta risposta mi hanno dato della bugiarda, stronza, arrivista, egocentrica e mi hanno gentilmente informato che "sto sulle palle a tutte". Quando ho dato una mano a una bambina in difficoltà mi hanno detto che lo facevo per farmi vedere dalle insegnanti, ma di fronte alla mia richiesta di aiuto mi hanno detto che loro non si prendevano la responsabilità di caricare una bambina in auto per portarla a scuola, preferivano vedere un bimba con problemi gravissimi fare 7km a piedi ogni schifosissimo giorno, piuttosto che aiutare qualcuno che non fosse nella loro cerchia di amicizie. Perché si sa, la mano la si da solo agli amici... e adesso? Penso ancora di sbattermi per aiutarle? No, va beh, Stefania sei proprio un'inguaribile pirla! Ma forse questa volta ci sono arrivata da sola e forse riuscirò a dire NO, arrangiatevi, io ho già dato tanto e ho solo ricevuto insulti, sta volta vi arrangiate, trovatevi un volontario, pagate qualcuno, tagliate il servizio, fate quello che volete, ma a me non me ne frega un accidenti!
Mi scusino i miei ideali!

lunedì 1 febbraio 2016

Figli di un bullo inferiore

In questi giorni si parla tanto di bullismo, piaga sociale che attanaglia l'adolescenza da tempi memorabili, ma che con l'avvento dei social network e dei metodi di chat moderni sta prendendo pieghe drammatiche.
Ne parlavo questa mattina con mia figlia mentre l'accompagnavo a scuola. La prima volta che ne abbiamo parlato è stato in prima elementare, quando ancora aveva crisi di pianto per ogni emozione forte, quello che la sconvolgeva era che fino all'anno prima i suoi compagni la consolavano, ora la deridevano. Le dissi che purtroppo era normale e che con il passare degli anni sarebbe, ahinoi peggiorata. Ora sono in terza elementare e la situazione, lei dice, è drammaticamente peggiorata. Quello che lei non capisce è il perché lo facciano: come possono prendere in giro un compagno di classe che ha problemi, quando questi problemi li ha sempre avuti, ma prima era un motivo di affetto e ora un motivo per umiliare questo bambino e metterlo all'angolo? E poi, perché prendere in giro un amico con motivazioni stupide? E in effetti pensiamo ai motivi per cui lei viene derisa e un po' ci vien da ridere:

  1. Mi dicono che sono grassa. Sì, rientri al pelo nel peso forma in effetti... ma dalla parte sbagliata, sei quasi sotto peso!
  2. Mi dicono che ho le orecchie piccole. Sì, e quindi? Se erano grandi? Se erano a sventola? Insomma, ogni motivo è buono per parlare di orecchie...
  3. Mi dicono che non faccio religione. Sì, ma se non sbaglio di religione ne sai più di loro, anche se non sai le preghierine e non vai a messa...
  4. Mi dicono che non sono un maschio, come se non lo sapessi...
  5. Mi dicono che le loro mamme dicono che tu sei una cattiva mamma. Ah, beh, se lo dicono loro...
Ma il controsenso maggiore è CHI le dice queste cose:


  1. la bambina a dieta da quando è nata, tendente all'obesità, che i genitori definiscono "la più bella del Mondo". Sono tanto felice per te, che tu non venga derisa per i tuoi problemi, ma deridere una compagna "anoressica", con la stessa arma che potrebbero usare contro di te, beh, mi sembra un pochino rischioso, così neh, a occhio...
  2. I piccoli della classe, ma non solo di altezza, piccoli... piccoli. Quelli che si comportano da bambini dell'asilo, quelli che la cartella gliela porta mammina, quelli che "è ancora piccolo" ipsa mater dixit
  3. I figli di chi ti dice: "Ma è italiana, dovrebbe essere battezzata" e se gli chiedi il perché, aspettandoti un ragionamento degno di essere chiamato tale, ti rispondono: "beh, è tradizione!". Ah beh, se è tradizione... aspetta che chiamo il prete, non avevo capito...
  4. Gli stessi bambini che "l'orecchino in un maschio è da frocio", quelli che o sono maschi tutti d'un pezzo a otto anni, sì dai, quelli che uscendo da scuola: "Mamma, dai muoviti, prendimi la cartella che pesa, sei sempre lì a chiacchierare come una gallina" e tu sei lì che tifi per lo schiaffone, che puntualmente non arriva. Oppure sono le femminucce, quelle tutte mollette nei capelli e vestitini alla moda, quelle: "Oh, ma... stai benissimooooo", con la stessa inflessione delle loro madri quando ti vedono con un nuovo taglio di capelli...
  5. I figli di quelle mamme che ti hanno insultato con motivazioni di una stupidità imbarazzante, ma che hanno fatto gruppo, si sono sentite forti e... e... hanno fatto le bulle, ma guarda un po'... non l'avrei mai detto! 
E tutto ciò a cosa ci porta? A me sembra tanto che i bambini rispecchino perfettamente i propri genitori, il famoso detto: "la mela non cade lontano dall'albero" calza a pennello. Io sono schifata dai genitori moderni, non sono genitori, sono "paraculi", nel senso che si comportano come se dovessero sempre difendere i propri figli dai problemi e li spingono ad attaccare il prossimo, come se questo fosse il metodo migliore di difesa. Non riescono a capire che loro sono i principali insegnanti dei propri figli, delegando (in contemporanea) maestre e professori a insegnare ai propri bambini l'educazione, il rispetto, la tolleranza, insomma quella sfera di comportamenti che li farà diventare bravi cittadini. Sono loro i primi ad additare, a giudicare e a fare i bulli, giustificando di conseguenza i propri figli, senza rendersi conto che non stanno facendo il loro bene, anzi. Finché madri si permetteranno di deridere altre madri perché non sono come loro, non potremo aspettarci un comportamento migliore dei loro figli, perché è comoda dire: "Così non si fa", la cosa importante è non farlo noi per primi! Se allo stadio urlate ai vostri pargoli di spaccare le gambe agli avversari, perché vi stupite se lo fanno? Se guardando la tv deridete una donna obesa, come potete stupirvi se vostra figlia chiama "cicciona di merda" una compagna? Ammettetelo almeno verso voi stessi, se proprio non ce la fate a fare coming out: i vostri figli sono dei bulli, perché VOI lo siete. 

martedì 28 ottobre 2014

I sentimenti non si impongono

Com'è strano quando hai mille concetti da esprimere e non trovi il bandolo della matassa e ti si intrecciano i discorsi e non sai più cosa ti sta passando per la testa. Mi è successo settimana scorsa, dopo che per qualche settimana una mia amica mi ha quotidianamente inculcato le sue idee, il suo modo di vivere e di pensare, certo non lo ha fatto volontariamente, diciamo che voleva rendermi partecipe del suo modo di vivere. Diciamo che non voleva convincermi che la mia vita è sbagliata. Diciamo...
Ma cosa sto dicendo? Non è vero! Non voleva rendermi partecipe, voleva convincermi che la mia vita è sbagliata, che il mio modo di gestire la casa e la famiglia non sono corretti. Quante volte di fronte a una mia lamentela mi ha detto: "Io avrei già divorziato", sì, cara, tu... ma vedi, io non sono nemmeno sposata e i miei canoni di convivenza non sono regolati dal flusso di banconote che passa per il mio portafogli e l'andare d'accordo con il mio compagno non dipende dalla non chalance con cui estrae la carta di credito di fronte a un negozio a me gradito. Non lascio il mio compagno per un altro solo perché è pieno di soldi e non cerco di convincere una persona a portarmi via da dove sto bene. Perché io con il mio compagno sto bene, perché lui accetta ME, le mie paturnie, le mie depressioni, i miei vizi e i miei momenti di euforia. 
Però ti ho ascoltato... e ho rovinato tutto. 
I sentimenti non si impongono, i sentimenti devono venire dal cuore, li devi sentire, non devi tirarli fuori col forcipe. Non si può mischiare l'affetto con l'amore, non si può pretendere di modificare la vita delle altre persone per egoismo, perché per i tuoi standard dovrebbe essere così, come dici tu. Io non sono come te e non vorrei mai essere come te, perché se basi il successo del tuo rapporto di coppia su quanto spende tuo marito per renderti serena o su quante volte al mese te lo mette dentro... beh... la vedo dura che sia per sempre! 
La cosa che mi fa arrabbiare è che mi hai fatto svalvolare, per qualche ora mi ero convinta che avevi ragione e ho cercato di interpretare il mio pensiero, i miei sentimenti, con il tuo metro. Mi ha aiutato, sì, a capire che quella eri tu e non io, ma ho messo di mezzo lui, che ignaro di tutti i tuoi discorsi ha subito la mia sfuriata, il mio sfogo e ora... sta lì... probabilmente senza capire che diamine è successo, ma non chiede niente, non dice niente e a me piange il cuore. Perché io a lui voglio veramente bene, anche se non lo amo. Perché io e lui c'eravamo capiti, non avevamo bisogno del tuo intervento e ora è tutto finito. E io ci sto male molto più per questo: per aver probabilmente fatto male a un innocente, piuttosto che per i soldi, che il mio compagno non mi da. 

lunedì 29 settembre 2014

Una scelta oculata

Oggi sono passata, come ogni giorno, davanti alla vecchia scuola di mia figlia, l'asilo, per intenderci e ho notato un piccolo particolare che mi ha allibito.
Due anni fa in quell'asilo sono successi avvenimenti a mio avviso vergognosi (vd qui) tra cui un comportamento, che io ho sempre equiparato a un capriccio delle insegnanti. 
Durante una visita dell'ASL venne segnalata l'inappropriatezza di un gioco, per cui venne tolto dall'androne della scuola per garantire la sicurezza dei bambini. Inizia la scuola e due delle maestre cominciano a lamentare l'assenza di questo gioco e la necessità di aggiungerne uno nuovo. Io, vice-rappresentante di classe dei "grandi" feci notare che la cosa migliore sarebbe stata segnalare al comune questa necessità, richiedendo che, come d'ufficio era stato tolto un gioco, d'ufficio dovevano metterne uno nuovo. Ma no, guai a pensare di scrivere una lettera o far notare una mancanza a chi di dovere, la scelta migliore era, secondo loro, vendere qualsiasi cosa per racimolare la cifra necessaria per acquistare quello che volevano loro. Le altre mamme, di fronte al "è per il bene dei bambini" accettano e si comincia a fare merende a pagamento, vendita di torte, biscotti e cioccolatini nel giardino della scuola stessa. Ovviamente senza nessun permesso di alcuna autorità, ma "si è sempre fatto così". Faccio notare allora che così facendo i soldi arrivano sempre dalle stesse tasche, quelle di noi genitori e propongo di fare uno dei mercatini organizzati dalla proloco, che, in caso di partecipazione di una scuola, dava lo spazio gratuitamente. Ovviamente mi ritrovo, a dicembre a gestirmi il mercatino per i fatti miei: monto il gazebo, porto il tavolo e le sedie (il tutto gentilmente prestato dal partito in cui militavo), monto il mercatino e mi metto al gelo ad attendere qualcuno che mi dia una mano. In tutta la giornata io e altre due mamme e una maestra. Ricavato sui 150euro, non male, per un periodo di crisi. Torno a a scuola e vengo insultata allegramente perché lamento il fatto di essere stata una delle tre ad aver dato una mano, ma dopotutto si sa che la domenica la gente ha voglia di stare con la famiglia, io no eh... Ovviamente quando ripropongo di partecipare a un mercatino vengo derisa e si continua a vendere di tutto e di più alle solite mamme dell'asilo stesso. Sta di fatto che verso maggio finalmente ordinano il gioco che le maestre desideravano tanto. Arriva verso metà giugno, in pratica 15 giorni prima della chiusura della scuola e con mio grande stupore mi trovo di fronte un mini scivolo, di plastica colorata. Le maestre ce lo mostrano sorriso a 42 denti, orgogliose del meraviglioso acquisto, ma redarguiscono i bambini più alti, perché loro lì non possono andare. Ovviamente, se avete letto il post che vi dicevo all'inizio capirete che io ho ingoiato il solito boccone amaro e me ne sono andata disgustata, ancora di più quando, quel gioco, che sostituiva uno di legno piazzato nell'androne della scuola, viene messo nel giardino. Non mi sembra assolutamente la sostituzione tanto agognata Oggi ho avuto la soddisfazione di vedere che quel BELLISSIMO gioco è stato "cellophanato", i bambini non posso più usarlo, grandi o piccoli che siano. Una scelta oculata, vero care maestrine? 

sabato 22 febbraio 2014

Come rovinarsi un anno di vita con un semplice sbotto!

Chi mi conosce lo sa, non ho esattamente un carattere semplice, mi infiammo facilmente, ma altrettanto facilmente mi passa e il rancore non è un sentimento da me provato molto spesso; diciamo che con tutte le discussioni e litigate che ho fatto in vita mia, provo rancore solo per chi mi ha deliberatamente fatto del male, con cattiveria e costanza.
Lo scorso anno, in un momento di ira ho detto cosa pensavo a una persona, questa, dopo quasi un anno e mezzo ancora non mi rivolge la parola, anzi, continua nel suo intento di provocazione, sapendo che faccio fatica a trattenermi, ma non è di questo che voglio parlare, seppur da qui si parte. 
Questa persona è una mamma della scuola frequentata da mia figlia, scuola che aveva già visto liti a causa sua ed era addirittura finita sul giornale per aver portato allo stremo una coppia di genitori, che a differenza mia, alla fine aveva sbottato in malo modo, attirando su di sé le ire di maestre e genitori, pur avendo la ragione dalla loro parte. Io per fortuna ho resistito alle provocazioni, anche se ho pagato sulla mia pelle, e su quella di mia figlia, il non essere allineata alle LORO idee. 
Insomma, discuto con questa madre e le dico ben chiaro che doveva, questa nostra antipatia, rimanere fuori dalle mura scolastiche, di tutta risposta, per i sei mesi successivi la madre di questa mi sussurra "puttana" tutte le volte che mi passa dietro. Voi direte: sei mesi? E tu non hai fatto niente? No... non ho fatto niente o meglio, alle prime avvisaglie di provocazione pubblica, decido di parlare con la maestra di mia figlia ,per chiederle di intervenire, visto che le provocazioni avvenivano anche nella sua classe e questa di tutta risposta: "Ah, no! Sono fatti vostri, io non voglio entrarci, si arrangi lei!" Nemmeno le avevo detto cosa succedeva, avevo solo chiesto un colloquio, ma evidentemente la signora già sapeva cosa stava succedendo e ovviamente prendeva le parti di chi poteva comandare a bacchetta, chi, di chi di fronte al tipico: "E' per il bene dei bambini!" faceva tutto e il contrario di tutto, senza ragionare e senza mai cercare una soluzione alternativa. Esco dal non-colloquio scornata, anche un po' sconvolta e mi chiedo: "Cosa posso fare?" La mamma in questione quando mi vedeva fuggiva, nemmeno la speranza di poter parlare, parlare con la signora nonna? Quella che ogni singolo giorno mi da della prostituta? E che le dico? La tentazione era di fracassarle il cranio contro un muro e conoscendomi era meglio evitare, per cui per tutto l'anno scolastico ingoio bocconi amari e mi rendo conto che molte altre mamme mi guardano con disprezzo, la piccola fiammiferaia continuava nel suo intento denigratorio e io potevo solo tacere, perché, nonostante tutto chi aveva cominciato ero stata io e quando ci si trova a non ragionare con certa gente è meglio tacere e attendere che anche tutte le altre persone capiscano con chi hanno a che fare, perché ne sono certa, prima o poi accadrà.
Passano i mesi e si arriva a fine anno, periodo di fermento per la festa finale, dove i nostri cuccioli avrebbero ricevuto il "diploma" e sarebbero stati pronti a passare alla scuola successiva. 
Una mattina due mamme mi invitano a prendere il caffè, cosa mai accaduta durante quell'anno, ovviamente accetto, sperando sia un tentativo di avvicinamento. Arriviamo al bar e queste mi chiedono di entrare nello "staff" dei genitori coinvolti con la festa finale, ma rifiuto, dato che il giorno di ritrovo era coincidente con quello delle frequenti riunioni del partito di cui facevo parte e considerando il mio impegno politico più importante del teatrino per i bambini rifiuto, facendomi comunque volontaria per altre attività, quali l'organizzazione del rinfresco. 
Qualche giorno prima della festa, nessuno mi aveva informato di nulla, chiedo cosa dovessi fare: "Beh, devi essere qui alle 17, mi sembra ovvio, se la festa inizia alle 19!" Sta di fatto che per il nervoso mi si blocca il collo, un male pazzesco, ma essendomela cercata alle 16.45 arrivo alla scuola, entro e mi trovo nella tipica organizzazione femminile: tutte che urlano e corrono senza meta. Chiedo chi siano le mamme che dovrebbero aiutarmi e cosa dovessi fare... "Sveglia, bellaaaaaaa! Sposta i tavoli e le sedie e porta le buste di cibarie dove va il rinfresco, no?" E le altre mamme? Boh? Solo io... nonostante il male, prendo, sposto tavoli, sedie, buste e scatoloni, mi sale un mal di testa pazzesco, ma vabbè, è per il bene dei bambini... all'alba delle 18.00 arrivano due mamme: "Ma che brava, hai già fatto tutto tu? Potevi anche aspettarci!" e scopro che a loro era stato detto di arrivare alle 18. Mi ritrovo alle fine a spararmi in bocca un oki, senza acqua ne niente perché, nel momento in cui prendo un bicchiere, una maestra mi redarguisce dicendo che si mangia e beve dopo la festa. Io come una cogliona, altra definizione non può essere calzante, obbedisco e tento il soffocamento per inalazione del medicinale, ma almeno, dopo una mezz'ora mi passa un po' di male e magari riesco a godermi la festa. Illusa... hai voluto fare il rinfresco? Fai la cameriera Stefania, stai a guardia delle cibarie e la festa te la godrai in un'altra occasione, quale non si sa, ma vabbè, me la sono cercata! Mi veniva da piangere, tanto è vero che di fronte a una maestra che mi chiede come va, non ce la faccio a essere ottimista e mi esce un: "Quest'anno me lo sono vissuto veramente male!" Occhi sbarrati, dietro front.
Passano i giorni, arriva il colloquio finale, quello che dovrebbe darmi indicazioni su mi figlia, che dovrebbe darmi il "biglietto" per la primaria.
Entro, mi siedo, sorridente, certa che mia figlia è una brava bambina, la maestra prende la parola: "Ma che razza di mamma è una che preferisce la politica al teatrino dei bambini? Ho anche cercato un riavvicinamento ordinando di portarti a bere un caffè, ma tu, da arrogante quale sei, hai rifiutato" Mi si gela il sangue! Capisco istantaneamente che non parleremo di mia figlia, siamo alla resa dei conti e in effetti, la signora mi insulta allegramente finché non entra una collega, lì cambia atteggiamento e mi parla di mia figlia, sono attonita. Mi mette di fronte alla descrizione di una bambina con problemi, grossi problemi e per dimostrare quanto da lei affermato mi racconta di un episodio, successo la settimana precedente, dove mia figlia di fronte a un rimprovero scaglia un giocattolo in legno e colpisce un'altra maestra (non presente al colloquio), mi racconta  di bambini raggelati, chi scoppia in lacrime, mia figlia in preda a una crisi di nervi, la maestra colpita deve ricorrere a del ghiaccio sulla nuca, una situazione apocalittica. Rimango esterrefatta, non me lo sarei mai aspettato da Giada. Chiedo scusa, sono affranta. Continuiamo nel colloquio e mi chiedono come avesse vissuto la mia piccola la gita e altre esperienza, come il "pigiama party" e su questo faccio notare che probabilmente non aveva granché dormito e la maestra mi risponde, paciosamente: "Lo so che non ha dormito tutta notte, l'ho vista, ma XYZ (il figlio della fiammiferaia) piangeva, voleva la mamma e io me lo sono tenuto tutta notte nel lettino con me, lei non faceva nulla l'ho lasciata lì!" Scusa?!!?!? Decido di tergiversare, ormai è chiaro, sto parlando con un imbecille, decido di finirla, le faccio i migliori auguri per gli anni a venire, esco, mi trovo
di fronte mia mamma, che mi aveva accompagnato per tenere Giada e scoppio in lacrime.
Passa qualche giorno, prendo mia figlia e cerco di ragionare con lei sull'episodio del lancio del giocattolo, lei di tutta risposta nega, e mi dice che probabilmente è stata scambiata per qualcun'altro, perché lei non ha mai reagito così. Non so più cosa pensare, mi trovo di fronte a un dubbio atroce e decido di chiedere comunque scusa alla maestra che aveva subito il "danno" e questa di fronte alle mie scuse si mette a ridere, chiedendomi se stavo scherzando, perché quell'episodio non era mai avvenuto. Il giorno dopo ho ritirato mia figlia da scuola.