domenica 14 aprile 2013

Scusi, il suo nome?

Dopo aver scritto il post di ieri ho ricevuto una mail molto gradita, che tra le altre cose diceva: "Quello che dici potrebbe essere giusto se nel PD fossimo "normali " ma così non è. Siamo un gruppo di persone che hanno come unica cosa in comune il fatto che votano PD". E lì, mi sono soffermata... ho ripensato a chi c'era in quella stanza, qualcuno lo conosco bene, qualcun altro l'ho visto e c'ho parlato un po' di volte, ma di qualcuno ne conoscevo a malapena il nome. In effetti è un problema, sopratutto quando si fa parte di un organismo importante, in cui ci si dovrebbe minimamente fidare l'uno dell'altro.

Se mi fossi fermata al sentito dire dovrei detestare 3/4 delle persone che fanno parte del partito, tra arrivisti, arroganti, assenteisti, presenzialisti e chi più ne ha più ne metta... ognuno ha i suoi difetti, ma forse bisognerebbe cercare di conoscere chi si ha di fronte, per interpretare personalmente la persona e non limitarci al sentito dire.

Quando si fa parte di un'azienda, se si fa una riunione, un corso ci si ferma un attimo a conoscersi, prima di cominciare. Questo non è mai avvenuto, si è sempre sotto inteso di conoscerci già, ma scommetto che se si facesse un test sulla conoscenza che si ha degli altri membri salterebbero fuori preconcetti e pregiudizi. Abbiamo storie diverse, proveniamo da ambienti e gruppi politici differenti, forse dovremmo cercare di aprirci un po'. In primis i vertici del partito, che spesso non cercano di conoscere una persona, ma chiedono agli altri cosa ne pensano. Forse ho una visione romantica, ma mi aspetterei da chi ha la gestione delle risorse, sopratutto umane, di perdere parte del suo tempo per approfondire la conoscenza di chi lo affianca. Come ho spesso detto: nessuno pretende di diventare amici, ma di sapere con chi si ha a che fare sì. Solo così ci si può rispettare. Solo dopo un processo di questo genere si possono avere delle aspettative. Prendiamoci le nostre responsabilità!

sabato 13 aprile 2013

Il dono dell'invisibilità

E' inutile che continuo a nascondermi dietro il mio stesso dito, lo so perché sono lì: ero una emerita sconosciuta, della minoranza congressuale, amica di una donna tenuta inconsiderazione e, per non mettere altri "rompicoglioni" sono stata scelta io. All'inizio non mi aspettavo nulla, ero orgogliosa di far parte di un organismo di partito che consideravo importante, poi è passato il tempo, mi sono impegnata, non ho mai sbattuto i pugni sul tavolo, ho ascoltato, cercato di capire, di imparare e ho cominciato ad aspettarmi qualcosa. Non molto, un riconoscimento, una delega, anche di infimo valore, ma che mi facesse capire che non ero più solo un elemento valido a raggiungere la parità di genere. Mai nulla. Ho smesso di frequentare questo organismo, trovandomi inutile e non avendo più soldi da spendere in benzina per andare alle riunioni, continuando a leggere e informarmi. 
Dopo tre anni e mezzo di attesa mi è scattato il click, mi dimetto, cosa sono lì a fare? E allora arrivano le telefonate, ma perché, ma per come...mi dico, ehi, mi considerano e torno.
Torno e mi trovo di fronte una situazione allucinante e sento un discorso che mi fa capire che il due di picche è considerato molto più di me.
"Cerchiamo una donna, che si occupi di comunicazione, ma non c'è. Bisogna considerare gli impegni delle persone, la loro disponibilità, il tempo e le capacità...e considerando tutto ciò.... non c'è". Mi guardo le mani, cazzo si vedono, non sono invisibile. Dopo 10 anni di call centre, non uno qualsiasi, non quelli di adesso, il migliore d'Europa, dove il dipendente non era sfruttato, ma formato, preparato e considerato un esperto in comunicazione anche al di fuori del call centre stesso. Nessuno pensa che io possa essere quella donna, no perché... sono una donna, giuro e... non lavoro otto ore al giorno, sono semi-disoccupata, quindi con tutto il tempo e la voglia da donare al partito. Ma evidentemente non sono io quella che vogliono, vorranno una di quelle che ha già esperienza negli enti pubblici, nel partito, o forse una da manipolare come si vuole o forse.... o forse niente. Non io e basta.
Non pesterò i piedi, non mi sembra di aver mai chiesto nulla, non ho mai fatto i capricci per entrare da una parte o dall'altra (come altri/e). Starò zitta e se dovessero chiedermi di farlo, beh, scusate, ma la tappabuchi non è nel mio carattere, ma non stupitevi nemmeno se allora, al posto di perdere ore di sonno, me ne sto a casa a grattare la pancia al mio gatto, almeno lui vuole me perché sono io, non solo perché mancava un tassello a comporre il puzzle!

giovedì 11 aprile 2013

Il piccolo grande rifiuto


Ho cercato di allontanarmi dalla politica, ma alla fine ci ricasco sempre. Un po' come smettere di fumare: o ne sei convinto al 100% o non ce la fai. Insomma, here I am again. 

Quello che mi spinge a stare lontano dalla politica non è tanto la politica stessa, ma alcuni loschi personaggi, che per mia grande sfortuna ho incontrato sul mio cammino. Persone bugiarde, che non avendo il coraggio delle proprie azioni, mentono spudoratamente sul conto degli altri. 
L'ultima che mi riguarda è da veri codardi: a breve ci saranno le elezioni nel mio paese: Calolziocorte e i suddetti sbandierano il mio grande rifiuto, sembra anche a suon di parolacce.... Peccato che a me non abbiano MAI chiesto di entrare in lista. Me lo ha chiesto una esponente di SEL, partito che fa parte della coalizione, ma loro, a capo del partito, di cui sono fiera tesserata e dirigente (PD) mai mi hanno contattata. Non mi stupisce, mi fa arrabbiare però che poi si inventino dialoghi mai avvenuti, con tanto di parolacce e motivazioni mai date, a loro! Che io abbia detto di no è vero, ma non a loro e non con insulti. Ho motivato la mia scelta, civilmente, credo di avere il diritto di avere le mie idee e di essere indignata da chi non segue le procedure, non rispetta il partito che dovrebbe dirigere e sopratutto non rispetta ME! Ho anche avuto la tentazione di fare denuncia per diffamazione, ma non perdo tempo con dei bambini che nemmeno hanno il coraggio di fare una semplice domanda. 

mercoledì 20 marzo 2013

Lettera a un dirigente di call centre


Buongiorno dott. XYZ,
ho valutato col mio attuale datore di lavoro l'eventualità che io cambiassi lavoro e vista le mie capacità ha deciso di assumermi. 
Ovviamente prima di prendere una decisione ho ragionato su quello che mi si prospettava in un caso e nell'altro e ovviamente ho scelto di rimanere dove sto, dato che pur lavorando meno, guadano di più, cosa credo semplice visto lo stipendio da lei promesso. devo essere sincera: quando ho optato per tornare in call centre non pensavo certamente di riavere lo stipendio che avevo in Vodafone, dove ero assunta al quinto livello TLC, inquadramento creato apposta per i lavoratori di call centre, ma non avrei mai immaginato che attualmente i lavoratori del call centre fossero talmente SFRUTTATI. Lavorare 4 ore al giorno, per 5 giorni la settimana, per poi prendere 250euro + come le vogliamo chiamare? Provvigioni? Lavorare a cottimo era la dicitura che si usava, ma non è nemmeno corretto definirla così, dato che lo stipendio non dipende da quanto si lavora, ma dalle risposte positive ricevute... ridicolo! Una persona che lavora in quel modo come può pagarsi anche solo la benzina per venire al lavoro?  Un lavoro dovrebbe garantire la dignità a un essere umano e non solo ai dirigenti, quelle persone sono degli schiavi! Quando esce dal suo ufficio la prossima volta guardi in faccia quelle persone e si chieda se lei farebbe lo stesso per vivere. Si chieda come la possono vedere delle persone che si sentono spesso insultate da chi chiamano per avere 10euro in più in busta paga! 
Lo so che questa mia finirà nel cestino e credo sia già abbastanza se è arrivato a leggere queste parole, ma dovevo scrivere queste considerazioni, anche se so che lei già sa tutto, ma va bene così...